Pierluigi Rossi Iommetti
Roma 2014
Localizzazioni: Bibl. Civica R. Spezioli Fermo,
Bibl. Civica Gino Pieri Porto San Giorgio
Monografia
140 p. : ill. a colori; 30 cm.
Codice ISBN: SIP0405014
PREFAZIONE
Questo lavoro non è destinato ai raffinati cultori dell’arte. Ha piuttosto un intento introduttivo a beneficio dei profani, per avvicinarli all’amore del bello che esalta l’opera creativa di Dio e dà una parvenza di quella felicità a cui l’uomo ineluttabilmente aspira.
L’ispirazione è sopraggiunta poco dopo che mi ero cimentato nei precedenti lavori sulla “Chiesa delle Anime Sante” di Porto San Giorgio e sul “Raffronto dei polittici del Crivelli”, avendo notato che non esisteva un libro esaustivo sul “Polittico di Porto San Giorgio”. Nato nella profonda aspra Marca meridionale, durante le mie vacanze scolastiche estive nei primi anni Cinquanta, facevo il chierichetto alla Chiesa delle Anime Sante situata nella deliziosa piazzetta, proprio antistante il palazzo Iommetti, edificato dal mio bisnonno Serafino, ove alloggiavo. Quindi per me questo è un ritorno alle radici, agli ardori adolescenziali.
Perché il Crivelli si trasferì nelle Marche meridionali e non tornò più a Venezia, nonostante non avesse più problemi giudiziari pendenti, avendo scontato la pena comminatagli per una sua intemperanza giovanile? Secondo me fu attratto, innamorato, dall’atmosfera profumata e riservata marchigiana (Marchia felix) che allora si respirava ed ancor oggi può respirare chi è attento, sensibile intenditore. Scrivere di lui, scrivere delle Marche genera in me appagamento, mi esalta ed attutisce i primi segni depressivi della senilità incombente.
Nonostante la mia caratteristica di uomo di scienza, quest’opera non ha alcuna pretesa di rigore metodologico; talora peraltro la scienza si rivela un po’ tediosa. Chi volesse approfondire tuttavia può attingere alla ‘bibliografia essenziale’ che ho posto alla fine del libro. L’ispirazione mi è venuta perché anch’io in parte percepisco quello che poteva allora avvertire il pittore veneto, lui esule veneziano nelle Marche, io emigrato marchigiano a Roma.
Lo scopo di questo lavoro è un omaggio alla marchigianità, al mio rivivere i ritorni estivi dopo la trasmigrazione a Roma, alle mie radici, un pensiero a chi è riuscito ad inebriarsi all’atmosfera piceno-marchigiana e partorire opere così preziose come i suoi dipinti, Carlo Crivelli.
Intendo rivolgere anche un doveroso omaggio al Prof. Pietro Zampetti, marchigiano-veneto scomparso nel 2011, che tanto ha operato per resuscitare gli squisiti capolavori dimenticati dell’enigmatico pittore veneto-marchigiano Carlo Crivelli.
Roma, 11 gennaio 2014 Pierluigi Rossi Iommetti
SOMMARIO
Il polittico di Porto San Giorgio è il capolavoro giovanile di Carlo Crivelli ed il primo e paradigmatico esempio di frazionamento, dispersione, oblio, reidentificazione e ricostruzione virtuale di un polittico; pertanto sotto questo aspetto è il polittico più famoso al mondo. Tra i sei pannelli principali che lo costituiscono si staglia per qualità la tavola del "San Giorgio che uccide il drago" che rappresenta un'opera artistica di altissimo valore, sia per il contrasto tra il terrore del cavallo e la tranquillità del Santo, sia per le sensazioni visive di movimento ed uditive (il nitrito del cavallo) che animano la scena. In oltre 130 pagine sono descritte, criticate e discusse le sei tavole principali che componevano il polittico originale, altresì comparate con dipinti del Crivelli che affrontano tematiche identiche od analoghe. Vengono anche mostrate quattro (due dell'autore) ipotetiche ricostruzioni virtuali dell'originario polittico prima dello storico smembramento.
Sarebbe quanto mai opportuno esporre insieme in una mostra a Porto San Giorgio i sei pannelli principali dispersi e dimenticati del "Polittico" (il più famoso al mondo per il suo smembramento) poi, a distanza, fortunosamente reidentificati.
Da pag. 24 de “Il Polittico di Porto San Giorgio” di Rossi Iommetti Pierluigi :
Il Bambino (Della ‘Madonna in trono’, scomparto centrale del ”Polittico di Porto San Giorgio”)
......Con gli occhi diretti verso il basso e verso l'esterno in meditazione profonda, [la Madonna] sostiene il suo piccolo figlio, che le sta in grembo, vestito con una tunica d'oro con bordi rosa ed una camicia trasparente, molto pieghettata per indicare l’estrema leggerezza del tessuto. I suoi capelli d'oro sono incorniciati da un alone a forma di croce, modellato, come quello della madre, in rilievo. Gli viene attribuita una posizione a serpentina con un chiaro ondeggiamento; senza dubbio perché il Crivelli, come altri suoi contemporanei, considerava la linea serpentina come la linea della perfetta bellezza. Egli guardando in basso verso i suoi devoti, con le labbra socchiuse, li invita a contemplare la grande mela gialla che ha preso dalle mani di sua Madre. Questo dono sarebbe il motivo dell’atteggiamento pensoso della Vergine, perché in un aspetto simbolico profondamente significativo della teologia e devozione medievale, Ella, come seconda Eva, porge a Cristo la mela della salvezza dell'uomo. Questo atto, in cui la Madre di Cristo inverte l'atto fatale della Prima Madre dell'uomo, che ha dato la mela ad Adamo, è una figurazione simbolica del ruolo essenziale che Maria svolge nel riscatto dell'uomo consentendo l'Incarnazione di Gesù.
La mela simbolica presa da Gesù Bambino dalla Madre, significa il fine ultimo della sua incarnazione; Egli è disposto al sacrificio di se stesso sulla Croce per redimere l'umanità. La mela potrebbe essere pure identificata come il frutto dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male, a causa del suo nome latino, malum, che significa anche Demonio. Ma ha soprattutto acquisito un’associazione con il Cristo. Già nel IV secolo, Sant'Ambrogio, uno dei Quattro Dottori della Chiesa occidentale, aveva applicato questo versetto a Gesù Cristo: 'Non solo il profumo della mela, ma la sua polpa è dolce: così dunque il dolce frutto è il Cristo'. Maria ed Eva sono messe a confronto fra loro: 'Eva ha portato la nostra condanna da parte della mela di un albero, Maria è la nostra redenzione con il dono di un albero, per mezzo del Cristo, appeso a un albero come un frutto’. Questo potrebbe spiegare perché Gesù in questa pala d'altare, come in altri del Crivelli, ha una mela che è ancora attaccata al suo ramo frondoso. Ambrogio stabilisce anche un parallelo tra Adamo e Cristo. Adamo, il primo uomo, ha avuto la nascita da una terra vergine e dallo Spirito Santo, mentre il Cristo è nato da Dio e dalla Vergine Maria. Adamo cadde nella persuasione della vergine Eva, Cristo ha redento la natura decaduta dell'uomo nascendo da “vergine”; così come il male è venuto dalle donne, così il buono è venuto da una donna; perché siamo caduti per mezzo di Eva, ora ci ritroviamo salvi per mezzo di Maria: messi in servitù da Eva, siamo resi liberi da Maria”. A causa della esaltazione di Maria come seconda Eva, la mela è diventata uno dei simboli mariani principali; la ghirlanda sospesa dietro la testa, con le volute sotto la lunetta, è composta da due rami di tipi diversi di mele........